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Addio a Goffredo Fofi: voce libera della cultura italiana
Cultura

Addio a Goffredo Fofi: voce libera della cultura italiana

Disponibile in formato audio

L'ultimo saluto all'intellettuale e critico che ha segnato la coscienza civile e artistica del Paese

Addio a Goffredo Fofi: voce libera della cultura italiana

Indice dei paragrafi

  • Introduzione: un vuoto nel mondo culturale italiano
  • Le origini: tra Gubbio e una formazione anticonvenzionale
  • I primi passi e l’avventura di “Quaderni Piacentini”
  • “Linea d’ombra” e l’impegno civile
  • Goffredo Fofi critico cinematografico: uno sguardo inedito sulla Settima Arte
  • Il saggista e lo scrittore: l’uomo dietro ai libri
  • La lezione civica di Fofi: impegno sociale e culturale
  • L’eredità di Fofi nel panorama culturale italiano
  • Fofi, Gubbio e le radici profonde di un pensatore
  • Il ricordo della comunità intellettuale
  • Sintesi e saluto finale: l’attualità di un pensiero libero

Introduzione: un vuoto nel mondo culturale italiano

Con la scomparsa di Goffredo Fofi, avvenuta all’età di 88 anni, si chiude una delle stagioni più feconde e critiche del panorama culturale italiano. Fofi non è stato solo un intellettuale di rara profondità, ma anche un instancabile animatore di riviste, gruppi di studio, rassegne e dibattiti, la cui eco si avverte ancora oggi. La sua morte rappresenta una perdita non solo per la critica cinematografica o la saggistica nazionale, ma per l’intera trama del pensiero libero e dell’impegno civile del nostro Paese. Da più parti si sottolinea il ruolo fondamentale svolto da Fofi come riferimento imprescindibile tra gli intellettuali italiani famosi, capace di coniugare la lucidità dell’analisi con la passione della denuncia.

Le origini: tra Gubbio e una formazione anticonvenzionale

Nato a Gubbio il 15 aprile 1937, Goffredo Fofi è cresciuto in un’Italia che si andava faticosamente ricostruendo dopo la ferita della guerra. Le sue radici umbre, segnate dalla severità e dalla ricchezza culturale della provincia, furono il primo terreno in cui maturò una visione critica. La sua formazione non fu mai quella del puro accademico; Fofi preferì sempre una strada autonoma, scegliendo la curiosità come bussola principale e l’incontro con mondi sociali ai margini come irrinunciabile palestra di comprensione. Fin da giovane si immerse in letture eterogenee, da Italo Calvino a Pier Paolo Pasolini, costruendosi un proprio pantheon di riferimenti e inseguendo con tenacia una personale idea di cultura: nessuna superiorità delle “lettere” sulle “cose”, nessun sapere distante dalla realtà.

I primi passi e l’avventura di “Quaderni Piacentini”

Il nome di Goffredo Fofi resta indissolubilmente legato a quello dei Quaderni Piacentini, la rivista fondata negli anni Sessanta insieme a Piergiorgio Bellocchio. Quella di “Quaderni” fu un’esperienza editoriale rivoluzionaria, capace di dare voce a una generazione di giovani intellettuali che avvertivano l’urgenza di ripensare i miti fondativi della sinistra italiana e i rapporti tra cultura e politica. Nei Quaderni Piacentini, Fofi portò la sua visione radicale del mestiere intellettuale: nessuna complicità con i detentori del potere – fosse esso accademico, editoriale o politico – e volontà di dare spazio ai temi e alle voci altrimenti escluse dal discorso pubblico.

Attraverso questa rivista, Fofi contribuì a cambiare il modo in cui il dibattito letterario e filosofico dialogava con la società civile. I temi affrontati spaziavano dalla critica del sistema scolastico alla questione meridionale, dal rinnovamento del linguaggio alla ricerca di una più autentica democrazia partecipata, dimostrando quanto l’intellettuale potesse e dovesse essere attore protagonista nelle trasformazioni sociali.

“Linea d’ombra” e l’impegno civile

Nel 1986, con la fondazione della rivista Linea d’ombra, Fofi diede vita a uno dei progetti editoriali più originali dell’ultimo quarantennio culturale. L’obiettivo era chiaro: superare gli steccati tra discipline e linguaggi e restituire al lettore italiano una visione ampia e disincantata dei fenomeni artistici, letterari e politici. “Linea d’ombra” si impose come spazio di confronto e militanza intellettuale – una palestra per giovani critici, scrittori, cineasti.

Nelle sue pagine si alternavano riflessioni sulla contemporaneità a recuperi di figure dimenticate, indagini sui generi popolari e pionieristici focus sul cinema d’autore. Fofi, da direttore, fu motore instancabile e severo, sempre attento a promuovere autonomia di giudizio e attenzione alle marginalità. La rivista svolse un ruolo pedagogico, affermandosi come punto di riferimento per chiunque volesse ragionare criticamente su cultura e società. L’esempio di Fofi, con la sua costante presenza e la capacità di dialogo intergenerazionale, è stato decisivo nel tracciare nuove rotte per l’editoria culturale italiana.

Goffredo Fofi critico cinematografico: uno sguardo inedito sulla Settima Arte

Oltre al lavoro di organizzatore e animatore culturale, Fofi ha lasciato un’impronta incancellabile nel campo della critica cinematografica. Dotato di una visione personale e non conformista, ha saputo leggere il cinema non solo come fenomeno estetico ma, soprattutto, come fatto sociale e politico. Il suo approccio, lontano dagli slogan e dagli entusiasmi di maniera, si è sempre contraddistinto per la capacità di svelare le implicazioni profonde delle immagini e dei racconti filmici.

Fondamentale – in questo percorso – è la pubblicazione di “Totò, l’uomo e la maschera”, uno dei libri italiani più amati e letti sulla figura dell’attore napoletano. In questo volume, scritto in collaborazione con altri studiosi di primo piano, Fofi analizza la vicenda umana e artistica di Totò, restituendone la complessità e smascherando la banalità degli stereotipi. Grazie anche alle sue recensioni, ai saggi e alle schede critiche, la voce di Fofi si è imposta tra quelle dei maggiori critici cinematografici italiani, contribuendo a diffondere la cultura del cinema d’autore nel nostro Paese ed esaltando il ruolo del cinema come veicolo di conoscenza e disciplina dell’immaginazione.

Il saggista e lo scrittore: l’uomo dietro ai libri

Tra i saggisti italiani contemporanei, pochi hanno saputo essere così pubblicamente presenti e, insieme, così fedeli a un ideale di semplicità e schiettezza. Fofi è stato autore di numerosi volumi dallo stile asciutto e dal taglio militante: dai libri dedicati all’emigrazione italiana e alle lotte sociali, fino ai pamphlet in difesa della scuola pubblica e della libertà di pensiero.

Tra le sue opere ricordiamo, oltre a “Totò, l’uomo e la maschera”, saggi spesso polemici che rifuggivano la neutralità accademica e miravano a scuotere le coscienze. Nei suoi scritti emerge la consapevolezza di quanto la cultura non sia appannaggio di pochi privilegiati ma debba essere strumento di emancipazione collettiva. Non mancano pagine intensissime dedicate ai rapporti tra arte e società, tra cultura popolare e cultura “alta”, riflessioni sulla scuola e sull’importanza della pedagogia laica.

I libri di Goffredo Fofi sono diventati testi di riferimento per almeno due generazioni di studiosi, studenti, cinefili e operatori culturali, e il suo metodo di indagine, sempre orientato alla concretezza, resta attualissimo.

La lezione civica di Fofi: impegno sociale e culturale

Una delle cifre costanti nel percorso di Fofi è stata la fede nel valore etico della cultura, nella sua innata tensione verso la giustizia e il riscatto. Non a caso, Fofi ha sempre rifiutato la comoda posizione del “grande saggio in cattedra”. Preferiva la piazza, il circolo, la periferia. Il suo impegno si è tradotto in un’attenzione costante alle forme di disagio e marginalità sociale, in particolare ai temi della scuola, dell’immigrazione, dell’esclusione culturale.

Se oggi parliamo di panorama culturale italiano come di un contesto attraversato da tanti venti divisivi ma anche da correnti vitali, lo dobbiamo anche al modello offerto da Fofi: quello dell’intellettuale che crede nel dialogo, che sa ascoltare e intervenire, che non rinuncia mai a problematizzare e mettere in discussione i propri stessi convincimenti. La sua è un’etica della responsabilità, attenta ai cambiamenti del tempo ma radicata in valori non negoziabili come il rispetto, la solidarietà e la libertà.

L’eredità di Fofi nel panorama culturale italiano

Nel giorno della sua morte, molti titoli di giornali e siti ricordano Goffredo Fofi come tra i giganti della riflessione critica nel nostro Paese. È una definizione che gli appartiene, ma rischia di essere persino riduttiva. Fofi, infatti, è stato anche e soprattutto un creatore di spazi, un “artigiano” della cultura, uno che ha sempre messo in discussione l’ovvio. La sua eredità è raccolta oggi da numerosi giovani intellettuali, da riviste e festival, da circoli di studi e rassegne cinematografiche che, seppure in un contesto diverso, ne portano avanti la lezione.

Gli studiosi di Gubbio e di tutta Italia, che spesso hanno incrociato il suo percorso, si interrogano ora su come fare propria questa eredità. Il suo nome rimarrà tra quelli dei personaggi famosi di Gubbio, accanto ad altre figure la cui fama è però difficilmente paragonabile, perché Fofi ha inciso sulle coscienze, su modelli sociali, su linguaggi e pratiche quotidiane.

Fofi, Gubbio e le radici profonde di un pensatore

In molti tributi pubblicati in queste ore si fa giustamente riferimento alla centralità delle origini di Fofi. La Gubbio della sua infanzia e adolescenza non rappresenta solo un luogo geografico: è la terra in cui maturano le sue prime letture, le sue prime rivolte interiori e il confronto, spesso difficile, con le consuetudini provinciali.

Gubbio ha dato a Fofi la forza della concretezza, l’empatia per gli ultimi, la nostalgia di una comunità solidale ma anche la spinta a superare la chiusura del contesto locale, indirizzandosi verso orizzonti più larghi. In questa dialettica continua tra radici e aspirazioni, tra memoria e critica, sorge il tratto forse più originale della sua esperienza: quello di un pensatore mai provinciale, italiano nel senso più universale del termine.

Il ricordo della comunità intellettuale

Nelle ore seguite all’annuncio della scomparsa di Goffredo Fofi, tanti colleghi e amici hanno ricordato non solo la sua lucidità, ma anche la generosità del suo impegno. Più volte premiato per la sua attività ma mai incline all’autocompiacimento, Fofi ha sempre mantenuto un rapporto diretto con i lettori, con studenti, spettatori e appassionati, accettando il confronto e il dissenso.

Con la scomparsa di Fofi – ripetono in molti – se ne va uno degli ultimi veri interpreti della “militanza culturale” nel senso più alto del termine.

Sintesi e saluto finale: l’attualità di un pensiero libero

L’Italia che oggi rende omaggio a Goffredo Fofi perde una delle sue figure più originali ed esigenti. Un uomo capace di stare sempre in prima linea, di cercare la verità al di là delle mode o degli schieramenti, di credere nella cultura come arma di trasformazione. Le sue opere, le sue riviste, il suo esempio continuano a parlare a chiunque non si accontenti delle risposte preconfezionate, a quanti intendono ancora la cultura come scelta etica prima che professionale.

Nel riscoprire i tanti libri di Goffredo Fofi e le pagine delle riviste da lui fondate, si trova non solo l’eco di un’epoca, ma la proposta di un metodo: pensare insieme, criticare senza paura, non smettere mai di interrogarsi. Il suo lascito è dunque un invito a ricostruire il senso del nostro stare insieme, fondato sull’autenticità, sull’ascolto e sul rispetto della complessità. In un tempo che teme il dubbio e la discussione, Fofi resta un modello possibile, il testimone di una coerenza che, anche nel dolore della sua assenza, offre ancora “linee d’ombra” per orientarsi.

Pubblicato il: 11 luglio 2025 alle ore 11:31

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