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Scontri a Milano: Minorenni ai domiciliari esclusi dalla scuola — Una decisione che riaccende il dibattito sui diritti dello studente
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Scontri a Milano: Minorenni ai domiciliari esclusi dalla scuola — Una decisione che riaccende il dibattito sui diritti dello studente

Caso dei ragazzi arrestati dopo lo sciopero pro-Gaza, polemiche e questioni aperte sulla tutela del diritto allo studio

Scontri a Milano: Minorenni ai domiciliari esclusi dalla scuola — Una decisione che riaccende il dibattito sui diritti dello studente

Indice

  • Introduzione
  • Gli scontri di Milano: contesto e fatti
  • Il provvedimento giudiziario: arresti domiciliari per i minorenni
  • La questione del diritto allo studio per i ragazzi arrestati
  • Reazioni della difesa: la contestazione degli avvocati
  • Il trattamento dei maggiorenni: l'obbligo di firma
  • Gli arresti nelle proteste: analisi della giurisprudenza
  • I risvolti sociali e culturali del caso
  • Implicazioni per la scuola e la comunità educativa
  • Sintesi finale: verso una riflessione più ampia

Introduzione

Nella giornata del 26 settembre 2025, Milano è stata teatro di vivaci scontri in occasione di uno sciopero organizzato in solidarietà alla causa di Gaza. Gli avvenimenti, che hanno portato all'arresto di due minorenni — un ragazzo e una ragazza — stanno ora generando un acceso dibattito su questioni cruciali: la gestione delle proteste da parte delle autorità, i diritti fondamentali degli studenti e, in particolare, l'accesso all'istruzione per i ragazzi sottoposti a misure cautelari come gli arresti domiciliari. Il provvedimento del giudice, che nega ai due giovanissimi la possibilità di frequentare la scuola durante la reclusione presso il domicilio, ha suscitato forti reazioni, soprattutto tra i legali che la definiscono una misura «surreale».

Gli scontri di Milano: contesto e fatti

La mattina del 25 settembre 2025 ha visto diversi studenti milanesi scendere in piazza per uno sciopero a favore della popolazione di Gaza. La manifestazione, che inizialmente si è svolta in modo pacifico, è poi degenerata in tensioni fra alcuni gruppi di ragazzi e le forze dell’ordine. Secondo quanto ricostruito da fonti giudiziarie e testimonianze dirette, gli scontri avrebbero avuto origine quando un gruppo di manifestanti ha cercato di spostare le transenne per dirigersi verso Piazza della Scala, luogo simbolo dei cortei cittadini.

Durante le fasi più concitate, due minorenni sono stati fermati perché ritenuti, secondo la ricostruzione della polizia, responsabili di resistenza e danneggiamenti. Si tratta di un ragazzo di 16 anni e una ragazza di 17 anni, entrambi studenti presso istituti del capoluogo lombardo. L’arresto rientra nelle misure adottate dalle autorità per gestire situazioni percepite come a rischio di ordine pubblico.

Le accuse rivolte ai due ragazzi includono atti di violenza e resistenza a pubblico ufficiale, ipotesi di reato che, nel contesto di una manifestazione politica, sollevano interrogativi sul confine tra dissenso civile e condotte penalmente rilevanti.

Il provvedimento giudiziario: arresti domiciliari per i minorenni

All’indomani della protesta, il giudice per le indagini preliminari di Milano ha convalidato gli arresti dei due minorenni, disponendo per entrambi la misura cautelare degli arresti domiciliari. Secondo la decisione, i ragazzi dovranno rimanere nella rispettiva abitazione di residenza, esclusa ogni possibilità di uscita, inclusa quella per recarsi a scuola. La durata della misura cautelare sarà stabilita nelle prossime settimane, in attesa dell'ulteriore sviluppo delle indagini.

Questa scelta giudiziaria si differenzia nettamente da quanto deciso per altri partecipanti agli scontri, nello specifico i maggiorenni, ai quali è stato imposto il solo obbligo di firma presso la polizia giudiziaria. Il caso ha quindi portato nuovamente al centro la questione del trattamento dei minorenni in relazione a misure cautelari che rischiano di pregiudicare il diritto allo studio.

La questione del diritto allo studio per i ragazzi arrestati

Il provvedimento emesso dal giudice di Milano ha sollevato un interrogativo fondamentale: quale tutela viene garantita al diritto allo studio per i minorenni colpiti da provvedimenti restrittivi? L’Italia, con la sua Costituzione (articolo 34), riconosce l’istruzione come diritto fondamentale e come obbligo fino ai 16 anni di età, mentre la normativa internazionale vede nella Convenzione ONU sui Diritti dell’Infanzia una tutela prioritaria della formazione dei minori.

Nel caso in esame, tuttavia, la giustizia ha applicato un’interpretazione restrittiva che impedisce ai due adolescenti non solo la partecipazione alla didattica in presenza, ma anche, secondo fonti vicine all'inchiesta, la possibilità di prendere parte a lezioni a distanza o a forme alternative di inclusione scolastica. Una situazione che, secondo molti osservatori e giuristi, rischia di creare un precedente pericoloso.

Quali alternative?

In passato, si sono registrati casi in cui studenti sotto misure cautelari restrittive hanno potuto usufruire di percorsi di istruzione in remoto, tutoraggio domiciliare o esoneri temporanei giustificati. L’esclusione totale dalla vita scolastica solleva dunque dubbi sulla proporzionalità della misura e sul rispetto dei principi sanciti dalla legge.

Reazioni della difesa: la contestazione degli avvocati

I legali dei due minorenni hanno espresso in più sedi il loro dissenso rispetto al provvedimento adottato dalla magistratura milanese, dichiarando che l’ordinanza appare «surreale e sproporzionata». Secondo la difesa, il giudice avrebbe potuto ricorrere a strumenti meno impattanti sulla vita dei giovani studenti, come il permesso per uscire nelle ore strettamente necessarie a frequentare le lezioni.

Uno degli avvocati ha annunciato la volontà di impugnare la misura, sostiene che «negare il diritto allo studio a due ragazzi ancora minorenni rappresenta una decisione lesiva dei principi costituzionali». La difesa richiama altresì quanto affermato dalla Corte Costituzionale, che in numerose sentenze ha ribadito il principio della minima offensività delle misure cautelari nei confronti dei minori.

L’interessamento di associazioni di tutela dei diritti dei minori e del mondo scolastico sta già portando alla raccolta di firme e istanze da presentare alla magistratura, nel tentativo di sensibilizzare l’opinione pubblica e aprire una riflessione più ampia.

Il trattamento dei maggiorenni: l'obbligo di firma

La discrepanza nel trattamento delle diverse persone coinvolte negli scontri ha dato ulteriore linfa alla discussione. I maggiorenni arrestati hanno infatti ricevuto un regime assai meno restrittivo: l’obbligo di firma presso una stazione di polizia a cadenza periodica. Questo permette loro di condurre una vita pressoché normale, compresa la frequenza delle lezioni universitarie o lavorative.

Secondo alcuni giuristi, tale disparità potrebbe essere legata alla volontà di «dare un forte segnale» contro la partecipazione alle proteste da parte dei più giovani, ma restano dubbi sull’equità e la legittimità di tali scelte. Analizzando analoghi provvedimenti sul territorio nazionale ed europeo, emerge la centralità del tema della responsabilità penale dei minorenni e della loro rieducazione, punto cardine nel sistema giuridico italiano.

Gli arresti nelle proteste: analisi della giurisprudenza

Gli arresti conseguenti a movimenti di protesta rappresentano una zona grigia del diritto: spesso la magistratura si trova a dover bilanciare il diritto al dissenso con quello al mantenimento dell’ordine pubblico. Nella storia recente italiana, non sono mancati casi analoghi, ma la tendenza, specie nei confronti dei minorenni, è sempre stata quella di cercare soluzioni che non compromettessero in modo irreversibile il percorso educativo degli adolescenti.

Già nel 2019, in occasione delle proteste studentesche per il clima, alcuni ragazzi arrestati avevano ricevuto permessi ad hoc per continuare la frequenza scolastica, con orari rigidamente regolati e supervisione di educatori. In altri casi, studenti coinvolti in proteste politiche sono stati inseriti in progetti di reinserimento scolastico o di servizio sociale.

Nel caso dei ragazzi coinvolti nella sciopero scuola Gaza Milano, la decisione della magistratura appare dunque una delle più restrittive adottate negli ultimi anni.

I risvolti sociali e culturali del caso

Oltre alle questioni giuridiche, la misura adottata ha avuto un forte impatto sul dibattito pubblico. Molte associazioni, tra cui alcune reti di studenti milanesi e nazionali, hanno bollato la misura come «punitiva», sottolineando come la scuola rappresenti spesso un presidio fondamentale per la prevenzione di devianze e la rieducazione dei giovani. Negare al minore l’accesso all’istruzione, sostengono i manifestanti, rischia di tagliarlo fuori dal principale strumento di crescita, socializzazione e responsabilizzazione.

I media, dal canto loro, sottolineano come la protesta per Gaza sia stata l’espressione di un sentimento di solidarietà internazionale diffuso tra i giovani. Episodi di tensione come quello milanese diventano, alla luce di provvedimenti così severi, terreno di scontro tra chi chiede una repressione delle forme di dissenso e chi reclama maggiori aperture nei confronti della partecipazione attiva dei giovani alla vita del Paese.

Implicazioni per la scuola e la comunità educativa

Il caso dei due minorenni arrestati a Milano non tocca soltanto la dimensione giudiziaria, ma coinvolge pienamente le comunità scolastiche di appartenenza e, più in generale, il sistema educativo. Dirigenti scolastici, docenti e compagni di classe sono chiamati a confrontarsi con la gestione delle assenze dei ragazzi, sulla loro eventuale riammissione, e sul rischio di esclusione duratura dal percorso di apprendimento.

Si pongono anche questioni pratiche importanti:

  • Come garantire la continuità didattica ai minori sottoposti a misure cautelari?
  • È possibile attivare forme di insegnamento a distanza o percorsi di recupero personalizzati, come già sperimentato durante la pandemia da Covid-19?
  • Quali strumenti può predisporre l’amministrazione scolastica per evitare che vicende giudiziarie precludano ai giovani ogni possibilità di crescita e inserimento sociale?

Le riflessioni stanno già animando diversi tavoli di lavoro, dal Ministero dell’Istruzione agli enti locali e alle associazioni del Terzo Settore impegnate contro la dispersione scolastica.

Sintesi finale: verso una riflessione più ampia

Il caso degli scontri Milano minorenni chiama tutti – istituzioni, giudici, scuola, famiglie – a una riflessione profonda sull’equilibrio tra legalità e diritti fondamentali. Il provvedimento che esclude due giovani dalla scuola riporta in primo piano il tema del diritto allo studio anche nelle situazioni di conflitto con la giustizia. I ragazzi arrestati dopo lo sciopero scuola Gaza Milano, attraverso la loro vicenda, stanno innescando una discussione che va oltre il singolo episodio: riguarda il modo in cui una società democratica tratta i suoi minori «fragili», offrendo loro sempre e comunque una chance di riscatto attraverso l’educazione.

La speranza di molti è che la controversia apra un nuovo capitolo verso provvedimenti più rispettosi della complessità delle situazioni giovanili, che sappiano coniugare l’esigenza della sicurezza pubblica con la tutela di quei diritti inalienabili che fanno della scuola la vera «seconda casa» di ogni ragazzo, anche nei momenti più difficili.

Pubblicato il: 26 settembre 2025 alle ore 12:21

Redazione EduNews24

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