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Troppi test in università: rischio burnout crescente
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Troppi test in università: rischio burnout crescente

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Cresce il numero di valutazioni e preoccupano le conseguenze sulla salute mentale degli studenti nel Regno Unito

Troppi test in università: rischio burnout crescente

Indice

  • Introduzione: Il nuovo scenario delle valutazioni universitarie
  • L’aumento dei test nelle università del Regno Unito
  • Le ragioni dietro la crescita delle valutazioni
  • Student Academic Experience Survey: i numeri del fenomeno
  • Sovra-valutazione e burnout: il legame preoccupante
  • Il ruolo dell’intelligenza artificiale nella valutazione
  • Le politiche universitarie e i nuovi modelli di valutazione
  • Strategie per prevenire il burnout universitario
  • Il confronto internazionale: cos’accade altrove
  • Conclusioni: una sfida urgente per l’università di domani

Introduzione: Il nuovo scenario delle valutazioni universitarie

Nell’ultimo quinquennio, il panorama delle università nel Regno Unito si è profondamente trasformato, soprattutto per quanto riguarda i sistemi di valutazione degli studenti. L’emergere di nuove tecnologie, prime fra tutte l’intelligenza artificiale (IA), ha costretto molti atenei a ripensare le metodologie di verifica e a introdurre un numero crescente di test e valutazioni, sia sommative che formative. Questa rivoluzione, nata con l’intento di preservare l’integrità accademica e industriale contro fenomeni di plagio facilitati dall’IA, rischia di avere un costo notevole: la salute mentale degli studenti, sempre più sotto pressione e a rischio burnout.

L’aumento dei test nelle università del Regno Unito

Secondo quanto rilevato recentemente dal Student Academic Experience Survey (SAES), il numero medio di valutazioni sommative a cui gli studenti inglesi sono sottoposti è passato da cinque a 5,8 per semestre dal 2020. Questo dato, apparentemente modesto, rappresenta in realtà una crescita significativa, considerando i già elevati carichi accademici ai quali gli studenti risultano sottoposti.

Ancora più accentuato è stato l'incremento delle valutazioni formative, ovvero quegli strumenti di misurazione intermedi che servono a monitorare il percorso di apprendimento prima dell’esame finale. Prima del 2020, gli studenti si trovavano ad affrontare in media 2,5 test di questo tipo per semestre. Oggi la media è salita a 4,1. L’entità di questi numeri, ricavata da un campione di oltre 10.000 studenti attraverso l’ultima edizione della SAES, fornisce la misura di una trasformazione sistematica e capillare nell’intero settore universitario britannico.

Le ragioni dietro la crescita delle valutazioni

Alla base di questa escalation vi sono molteplici fattori, alcuni tra loro connessi in modo diretto e altri in maniera più trasversale. Da una parte, la crescente diffusione dell’intelligenza artificiale e di sistemi automatizzati di scrittura sta generando una diffusa preoccupazione circa l’oggettività delle valutazioni. Per rispondere a questi timori, molte università hanno scelto di incrementare la frequenza delle verifiche nel tentativo di rafforzare la fiducia nei risultati accademici e di limitare l’impatto di pratiche scorrette tipiche dell’era digitale.

A queste motivazioni si aggiunge la volontà della comunità universitaria di rendere il percorso degli studenti quanto più trasparente e monitorabile, riducendo il rischio che eventuali squilibri o cali di rendimento vengano trascurati fino all’esame finale. Tuttavia, alla prova dei fatti, questa strategia sembra produrre più ansia che benefici, portando a un clima di costante valutazione che si traduce spesso in stress accademico e percezione di sovra-valutazione.

Student Academic Experience Survey: i numeri del fenomeno

Il quadro che emerge dall’ultima edizione dello Student Academic Experience Survey è particolarmente eloquente. Oltre 10.000 studenti sono stati intervistati per comprendere in profondità l’effetto delle nuove politiche di valutazione universitaria. I dati raccolti hanno messo in evidenza che:

  • Ben il 56% degli studenti dichiara di sentirsi spesso sopraffatto dal carico di test e valutazioni.
  • Il 62% ritiene che l’aumento delle prove sia direttamente responsabile di un peggioramento del proprio benessere psicologico.
  • Solo un esiguo 12% degli intervistati afferma che questi strumenti aggiuntivi abbiano effettivamente incrementato la trasparenza e la fiducia nei risultati accademici.

Il fenomeno, quindi, appare tutt’altro che marginale, e rischia di indebolire alcuni dei principi su cui si fonda l’istruzione superiore nel Regno Unito: qualità dell’apprendimento, crescita personale e inclusività.

Sovra-valutazione e burnout: il legame preoccupante

Uno degli aspetti più preoccupanti che la recente letteratura internazionale segnala riguarda il rischio di burnout universitario collegato a un eccesso di valutazioni. La sovra-valutazione, infatti, induce una pressione costante e spesso insostenibile sugli studenti, che si trovano a dover dimostrare continuamente la propria preparazione in una sequenza ininterrotta di test e prove.

Il burnout in ambito accademico si manifesta sotto molte forme: cali di rendimento, senso di esaurimento emotivo, perdita di motivazione, fino a disturbi dell’umore e veri e propri quadri depressivi. Non di rado, gli studenti in una situazione di forte stress arrivano ad abbandonare temporaneamente o definitivamente gli studi, con ricadute pesanti sia sul proprio futuro personale che sul tessuto economico e sociale. Ne risente, inoltre, la stessa qualità dell’apprendimento, che si trasforma in una sterile corsa al superamento dell’ennesimo test, piuttosto che in un’esperienza profonda di formazione e crescita.

Il ruolo dell’intelligenza artificiale nella valutazione

L’incremento delle valutazioni non può essere compreso senza considerare l’ascesa dell’intelligenza artificiale e la sua penetrazione nel mondo universitario. Strumenti come chatbot, generatori di testo e software per l’elaborazione automatica di contenuti sono oggi ampiamente disponibili non solo agli studenti, ma anche agli stessi docenti.

Se da un lato queste tecnologie possono offrire supporto nell’apprendimento personalizzato e nella correzione automatica dei compiti, dall’altro sollevano crescenti preoccupazioni legate al plagio, alla perdita di autenticità nei lavori e all’alterazione delle dinamiche tradizionali di valutazione. Per fronteggiare questi rischi, molte università hanno deciso di aumentare i momenti di verifica. Questa scelta, pur comprensibile, sembra però avere come effetto collaterale un impatto negativo sulla salute mentale degli studenti.

Le politiche universitarie e i nuovi modelli di valutazione

Le politiche universitarie nel Regno Unito si trovano oggi a un bivio complesso. Da un lato, vi è la necessità di garantire processi di valutazione solidi, credibili e inattaccabili; dall’altro, s’impone l’obbligo etico di tutelare il benessere psicofisico degli studenti, garantendo che le misure adottate non si traducano in uno stress eccessivo.

Alcuni atenei stanno già sperimentando soluzioni innovative, come ad esempio l’introduzione di pause programmate tra una valutazione e l’altra, lo sviluppo di strumenti di tutorship e mentoring rivolti agli studenti più a rischio e una maggiore attenzione all’equilibrio tra test scritti, presentazioni orali, lavori di gruppo e attività pratiche.

Strategie per prevenire il burnout universitario

Contrastare il rischio di burnout universitario richiede un intervento strutturale che vada oltre la semplice riduzione del numero di valutazioni. È essenziale promuovere una cultura della salute mentale e del benessere nei campus, offrire sostegno psicologico tempestivo e accessibile e accompagnare gli studenti con attività di formazione alla gestione dello stress.

Le soluzioni possibili passano anche per una ridefinizione della stessa concezione di valutazione: più attenzione ai processi, meno ai risultati fini a se stessi; più flessibilità nella tempistica e nella modalità dei test; rafforzamento dei percorsi tutoriali; uso mirato e consapevole delle tecnologie, senza deresponsabilizzare né studenti né docenti. Solo così si potrà ristabilire un equilibrio virtuoso fra esigenza di controllo e promozione del benessere.

Il confronto internazionale: cos’accade altrove

Il problema del burnout accademico legato alla sovra-valutazione degli studenti non è una prerogativa esclusiva del Regno Unito, ma trova riscontri anche in altri contesti Paesi. Negli Stati Uniti, ad esempio, la moltiplicazione delle prove di verifica ha portato a un’ondata di proteste studentesche e a una revisione degli standard accademici, con un ritorno a forme di valutazione più qualitative che quantitative.

In Germania e nei paesi scandinavi, le università hanno optato negli ultimi anni per un approccio più calibrato, puntando su valutazioni periodiche ma meno frequenti e soprattutto sull’apprendimento attivo, attraverso progetti, stage e attività esperienziali. Il confronto internazionale suggerisce che sia possibile conciliare l’esigenza di affidabilità delle valutazioni con la tutela della salute mentale, purché le politiche siano costruite su dati solidi e in ascolto delle reali esigenze degli studenti.

Conclusioni: una sfida urgente per l’università di domani

Il tema dell’impatto delle valutazioni sugli studenti universitari è oggi più che mai d’attualità. Il rischio di sovra-valutazione e l’aumento dei casi di burnout rappresentano una sfida urgente, e sarebbe miope non riconoscerne la portata.

Le università del Regno Unito, alle prese con l’intreccio tra nuove tecnologie, necessità di controlli più stringenti e salvaguardia della salute mentale, sono chiamate a riflettere sull’impatto delle proprie scelte. Le soluzioni esistono e vanno nella direzione di una maggiore consapevolezza, flessibilità e ascolto. Il futuro dell’accademia, in un mondo sempre più digitale, passa dalla capacità di saper integrare progresso e umanità, rigore ed empatia: un equilibrio da ricercare con urgenza, nell’interesse degli studenti di oggi e della società di domani.

Pubblicato il: 10 luglio 2025 alle ore 12:26

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