Povertà tra i lavoratori in Europa: l'8,2% a rischio e il dramma di Campania e Calabria
Indice degli argomenti
- Introduzione: Un quadro preoccupante per il 2025
- La povertà nel lavoro: definizione e quadro europeo
- Le principali statistiche della povertà tra i lavoratori UE
- Particolare focus sull’Italia: dati nazionali in confronto
- Campania e Calabria: territori tra i più poveri in Europa
- Analisi delle differenze di genere nella povertà lavorativa
- Il caso del Lussemburgo: un paradosso europeo
- Le cause della povertà tra i lavoratori in Europa e in Italia
- Conseguenze sociali ed economiche della povertà lavorativa
- Soluzioni, strategie e raccomandazioni dal report europeo
- Sintesi e prospettive future
Introduzione: Un quadro preoccupante per il 2025
A fronte della pubblicazione dell’ultimo report della Commissione Europea sul tasso di povertà tra i lavoratori, i dati evidenziano uno scenario allarmante: l’8,2% della forza lavoro nel Vecchio Continente si trova a rischio povertà. In Italia, il dato è superiore al 10%. Colpisce soprattutto il caso delle regioni meridionali come Campania e Calabria, tra le più povere d’Europa.
Scopriamo in questo approfondimento, dati, cause, differenze di genere, curiosità e possibili soluzioni per affrontare la questione della povertà lavorativa nell’Unione Europea, con un focus sulle specificità italiane e sulle regioni più colpite.
La povertà nel lavoro: definizione e quadro europeo
Il concetto di povertà lavorativa — spesso indicato come *in-work poverty* — riguarda quei cittadini che pur percependo un reddito da lavoro restano sotto la soglia di povertà stabilita a livello nazionale o europeo. Per la Commissione Europea, si considera a rischio povertà chi guadagna meno del 60% del reddito mediano nazionale.
Nel contesto del 2025, nuove sfide, tra cui l’inflazione crescente, l’instabilità dei mercati post-pandemici e la digitalizzazione dei settori produttivi, hanno contribuito a mantenere stabile — se non a peggiorare — questo fenomeno sociale.
La strategia dell’Unione rimane orientata all’identificazione tempestiva dei lavoratori vulnerabili e al monitoraggio costante attraverso report, come quello recentissimo che ha fatto luce sulle tendenze e sulle criticità odierne.
Le principali statistiche della povertà tra i lavoratori UE
Secondo il report della Commissione Europea sulla povertà lavorativa, stilato nel novembre 2025, l’incidenza di lavoratori poveri nell’UE è pari all’8,2%. Ciò significa che oltre 1 lavoratore su 12 è, di fatto, esposto al rischio concreto di esclusione sociale ed economica, nonostante un impiego.
Dati salienti estratti dal report:
- Il tasso di povertà lavoratori Unione Europea è dell’8,2%.
- Cresce la percentuale rispetto ai cinque anni precedenti, dove era stata registrata al 7,9%.
- La differenza di genere è marcata: il 9% degli uomini contro il 7,3% delle donne.
- Disparità evidenti tra le regioni con maggiore e minore incidenza.
Questo scenario sottolinea come la sicurezza economica, anche laddove il lavoro sia presente, non sia più garantita in larga parte d’Europa.
Particolare focus sull’Italia: dati nazionali in confronto
In Italia, la questione della povertà lavorativa assume toni ancora più gravi. Il report indica un tasso di povertà superiore al 10% tra i lavoratori nel nostro Paese, ponendo l’Italia al di sopra della media europea e facendo emergere criticità strutturali e geografiche.
Confrontando le statistiche povertà Italia 2025 con quelle europee, emergono alcune peculiarità:
- Il tenore di vita nelle regioni meridionali è significativamente inferiore.
- La precarizzazione dei contratti e il lavoro part-time non volontario aumentano l’esposizione al rischio.
- Diverse politiche sociali non sono state in grado di colmare i divari territoriali.
Inoltre, la rilevazione aggiornata mostra come il Sud abbia subito un incremento più marcato rispetto al Centro-Nord, soprattutto dopo la crisi post-pandemica e il rincaro del costo della vita.
Campania e Calabria: territori tra i più poveri in Europa
Se la situazione italiana è critica, i dati sulle due principali regioni meridionali sono davvero preoccupanti. Campania e Calabria figurano tra le regioni più povere non solo d’Italia ma di tutta l’Unione Europea.
Dati chiave della povertà lavorativa nelle due regioni:
- In Calabria, il tasso di povertà arriva al 48,8%, quasi un lavoratore su due.
- In Campania si registra il 43,5%.
- Questi dati rappresentano i valori più alti fra tutte le regioni monitorate.
- Fortissima incidenza del lavoro nero, disoccupazione giovanile e bassi salari.
Queste due regioni riflettono, in modo estremo, i trend negativi di tutta l’area meridionale e pongono serie questioni sia di ordine sociale che di diritti fondamentali.
Che cosa rende Campania e Calabria luoghi così vulnerabili a questa forma di povertà?
È il risultato della combinazione di tanti fattori: scarse opportunità di lavoro regolare, forte presenza di occupazione precaria, un tessuto produttivo quasi totalmente privo di grandi aziende, e una lunga storia di divari infrastrutturali.
Analisi delle differenze di genere nella povertà lavorativa
Il report Commissione Europea povertà pone un significativo accento sulla variabile di genere. In tutta l’Unione, gli uomini lavoratori sono leggermente più esposti alla povertà rispetto alle donne: il 9,0% degli uomini contro il 7,3% delle donne sono a rischio.
Questa inversione rispetto alle aspettative è determinata principalmente da due elementi:
- Minore stabilità contrattuale nei settori tipicamente maschili (costruzioni, trasporti, logistica), storicamente più colpiti dalle crisi economiche.
- Maggiore incidenza di bassi salari anche tra figure maschili, in aree a bassa industrializzazione.
Tuttavia, non si deve dimenticare che le donne continuano a scontare una penalizzazione doppia: alla povertà lavorativa si aggiungono più frequentemente l’assenza di tutele nel lavoro e la minor presenza nei ruoli apicali.
Il caso del Lussemburgo: un paradosso europeo
Tra le principali curiosità del report, emerge il dato del Lussemburgo, che presenta il più alto tasso di povertà lavorativa tra i paesi UE: 13,4%.
Questo valore risulta sorprendente per uno degli Stati considerati maggiormente prosperi.
Le ragioni sono attribuibili al costo della vita elevatissimo, ai mercati immobiliari fuori scala e ad un’importante presenza di lavoratori transfrontalieri sottopagati. Sebbene il salario medio sia alto, vengono generati forti squilibri che mettono a rischio una fascia importante della popolazione attiva.
Questo dimostra come la povertà lavorativa sia un fenomeno trasversale e non sempre connesso al valore assoluto del PIL di una singola nazione.
Le cause della povertà tra i lavoratori in Europa e in Italia
Le cause principali della povertà tra lavoratori UE sono differenti a seconda del contesto nazionale ma rispondono a dinamiche comuni:
- Diffusione di lavori a termine, part-time involontari, contratti atipici e retribuzioni basse.
- Crescita dell’inflazione, che erode il potere d’acquisto anche dei salari medi.
- Sottoutilizzazione delle competenze e mancato allineamento tra offerta e domanda di lavoro.
- Aumentata competitività sui mercati globali che porta a stagnazione salariale nei settori meno protetti.
In Italia, queste emergenze si sommano a problematiche già presenti:
- Divari infrastrutturali marcati tra Nord e Sud.
- Bassa produttività nelle regioni meridionali.
- Insufficiente innovazione nel tessuto produttivo locale.
- Presenza di economia sommersa e lavoro nero, che alimentano precarietà e bassa qualità dell’occupazione.
Conseguenze sociali ed economiche della povertà lavorativa
I dati evidenziati dal report Commissione Europea povertà pongono l’accento sulle principali conseguenze di questi fenomeni:
- Maggiore esclusione sociale, con ripercussioni sulla salute, sulla formazione dei figli e sulla mobilità sociale.
- Incremento del disagio psicologico ed economico nelle famiglie.
- Diminuzione del potere d’acquisto, con effetti negativi sulla domanda interna.
- Crescente rischio di lavoro nero, criminalità e instabilità sociale.
Inoltre, la scarsa protezione dei lavoratori poveri mette in crisi l’intero sistema di welfare, soprattutto in contesti dove ammortizzatori sociali e politiche di inclusione sono meno efficaci.
Soluzioni, strategie e raccomandazioni dal report europeo
La Commissione Europea nel suo report suggerisce diverse strategie per contrastare la povertà lavorativa:
- Promuovere il salario minimo europeo e la sua attuazione a livello nazionale.
- Incrementare i controlli sui contratti atipici e tutelare i lavori precari.
- Attuare politiche fiscali e previdenziali più eque, con attenzione alle famiglie numerose.
- Potenziare la formazione continua per favorire la mobilità e la riqualificazione della forza lavoro.
- Sostenere gli investimenti nelle aree periferiche e nelle economie a basso sviluppo, come Campania e Calabria.
- Favorire la sussidiarietà delle politiche sociali locali.
È fondamentale coinvolgere tutti gli attori del sistema: istituzioni, imprese, sindacati e società civile, per affrontare in modo integrato e duraturo il problema.
Sintesi e prospettive future
Con l’8,2% dei lavoratori europei a rischio povertà e il 10% nel contesto italiano, la povertà lavorativa è oggi sotto i riflettori delle istituzioni nazionali e comunitarie.
Campania e Calabria, con tassi record del 48,8% e del 43,5%, rappresentano una drammatica testimonianza dell’urgenza d’intervento. Il fenomeno colpisce maggiormente gli uomini rispetto alle donne, ma mostra trasversalità e profondità nuove rispetto al passato.
Guardando al futuro, solo una sinergia tra politiche retributive, fiscali e formative può intaccare le cause profonde della povertà tra lavoratori UE. La sfida sarà legata soprattutto alla capacità di ridurre i divari territoriali, potenziare il tessuto produttivo nelle aree più svantaggiate e garantire a tutti i cittadini — indipendentemente dalla regione di residenza — un diritto reale alla dignità lavorativa.